Malori improvvisi? Colpa dello smog invisibile che colpisce anche i sani

Lo smog accelera il rischio di arresto cardiaco: lo studio choc del Politecnico di Milano. Nei giorni di picco dell’inquinamento aumentano i malori improvvisi: il cuore paga il prezzo più alto.

L’aria che respiriamo in città non è mai stata leggera, ma ora arriva un nuovo studio che trasforma la percezione in certezza scientifica. Il Politecnico di Milano, analizzando quattro anni di dati sanitari e ambientali in Lombardia, ha scoperto che esiste un legame diretto, concreto e misurabile tra l’inquinamento e l’arresto cardiaco.

Non si parla più solo di “rischi a lungo termine” o di impatti generici sulla salute: bastano pochi giorni di smog elevato per aumentare gli episodi di arresto cardiaco anche sotto le soglie legali di esposizione.

I risultati, pubblicati sulla rivista Global Challenges, sono allarmanti: +7% di rischio di arresto cardiaco nelle 96 ore successive a un aumento di 10 µg/m³ di NO₂ (biossido di azoto). Gli effetti dei PM₂.₅ (le famigerate polveri sottili) si vedono già nelle prime 24 ore. È uno scenario che tocca tutta la popolazione, non solo chi ha patologie pregresse, e che chiama in causa non solo politiche ambientali, ma anche organizzazione dei servizi di emergenza.

Inquinamento e cuore: cosa succede davvero nei giorni di smog

Lo studio ha preso in esame 37.613 arresti cardiaci extraospedalieri registrati in Lombardia tra il 2016 e il 2019. Per ogni episodio, i ricercatori hanno incrociato i dati clinici con le concentrazioni giornaliere di NO₂, PM₂.₅, PM₁₀, ozono e monossido di carbonio, utilizzando anche dati satellitari del programma Copernicus. L’obiettivo: verificare se esiste una correlazione tra picchi di inquinamento e malori improvvisi.

La risposta è netta. Il NO₂, prodotto principalmente da traffico e combustioni, è il più aggressivo: entro quattro giorni dalla sua impennata, il rischio di arresto cardiaco sale visibilmente. Ma anche le polveri sottili PM₂.₅ e PM₁₀, in apparenza meno minacciose, sono associate a un aumento di rischio tra il 2,5 e il 3% il giorno stesso dell’esposizione.

Città inquinate
Come lo smog agisce sul cuore-conformaonline.it

Non servono livelli record o sforamenti dei limiti di legge: anche concentrazioni ritenute “accettabili” producono effetti sulla salute, rendendo i valori soglia attualmente in vigore insufficienti a proteggere davvero la popolazione.

L’effetto è più marcato nelle aree urbane, ma le campagne non sono affatto immuni. Laddove l’aria sembra più respirabile, gli effetti combinati tra smog e ondate di calore nei mesi estivi rendono il rischio addirittura maggiore. Secondo i ricercatori, il cuore è un “bersaglio sensibile” e reagisce rapidamente agli stress ambientali.

Emergenza sanitaria: gli ospedali devono prepararsi ai picchi di smog

Il professor Enrico Caiani, docente del Politecnico e coautore dello studio, lancia un messaggio chiaro: “Durante i picchi di inquinamento, i servizi sanitari dovrebbero aspettarsi più chiamate d’emergenza”. Non si tratta quindi solo di una questione ambientale, ma di un rischio acuto per la salute pubblica. Le ambulanze, i pronto soccorso e i reparti di terapia intensiva dovrebbero integrare le previsioni dell’inquinamento tra i parametri di pianificazione operativa.

Il cuore, in particolare, sembra soffrire anche senza preavviso: in soggetti apparentemente sani, l’esposizione acuta a determinati inquinanti può essere la scintilla che innesca l’arresto cardiaco, soprattutto se combinata con caldo estremo, stress fisico o una pregressa condizione non diagnosticata.

La Lombardia, cuore industriale e logistico del Paese, è tra le aree più colpite d’Europa, complice una densità abitativa elevata, traffico intenso, uso diffuso di stufe a legna e condizioni climatiche stagnanti in inverno. La pianura padana, lo sappiamo, è una delle zone più inquinate d’Europa secondo i report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Il progetto CLIMA-CARE: dati satellitari e algoritmi per prevedere l’impatto sanitario

Per affrontare questo scenario, è nato CLIMA-CARE, un progetto europeo coordinato dal German Aerospace Centre (DLR) e finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), con la partecipazione del Group on Earth Observation (GEO) e del Politecnico di Milano. L’obiettivo è ambizioso: creare modelli previsionali per aiutare i servizi sanitari a prepararsi in anticipo nei giorni a rischio, integrando le previsioni climatiche, l’inquinamento atmosferico e le vulnerabilità sanitarie della popolazione.

Lorenzo Gianquintieri, ricercatore del Politecnico, spiega che l’approccio è quello del modello One-Health, che considera ambiente, salute umana e salute animale come strettamente connessi. Non si tratta più di settori separati, ma di ecosistemi interdipendenti: l’aria che respiriamo è la stessa per tutti, e i danni si propagano su larga scala.

Il sistema in sviluppo punta a incrociare in tempo reale i dati ambientali (da terra e da satellite) con i modelli epidemiologici, per fornire strumenti di allerta precoce alle autorità sanitarie locali, in modo da organizzare turni, mezzi e risorse in anticipo nei giorni più critici.