Il Parco del Gran Sasso regala panorami indimenticabili: natura intatta e avventure senza confini

L’entrata al massiccio si percepisce prima che la strada finisca: il paesaggio si apre su una serie di dorsali che impongono scala e misura. Guidando verso il versante abruzzese, si capisce perché tanti scelgono il Gran Sasso per staccare dalla città: non è solo una montagna, è un territorio che copre vaste aree e cambia di continuo. Sul cartello all’ingresso c’è un numero che restituisce la dimensione: 150.000 ettari sotto tutela, distribuiti su 3 regioni, coinvolgendo 5 province e 44 comuni. È una statistica che spiega il motivo per cui il parco non è un singolo luogo, ma una rete di paesaggi, servizi e comunità.

Dove si trova e perché conta

Il parco si estende nel cuore dell’Appennino centrale e tocca il territorio di Abruzzo, Lazio e Marche: questa collocazione spiega la varietà di climi locali e di risorse idriche disponibili. Il profilo geomorfologico è definito da tre gruppi principali: i Monti della Laga, i Monti Gemelli e la catena del Gran Sasso d’Italia. Ogni fascia presenta caratteristiche diverse: i rilievi della Laga appaiono più ricchi di boschi e corsi d’acqua, mentre il Gran Sasso mostra versanti rocciosi e altipiani. Nella pratica, questo significa paesaggi che mutano in pochi chilometri e percorsi con difficoltà molto varie, utili sia agli escursionisti esperti sia alle famiglie.

Il Parco del Gran Sasso regala panorami indimenticabili: natura intatta e avventure senza confini
Il Parco del Gran Sasso regala panorami indimenticabili: natura intatta e avventure senza confini – conformaonline.it Foto: Stefano Di Biagio

La rete idrografica del parco alimenta sorgenti e bacini che servono le comunità locali e l’agricoltura; in alcune valli l’acqua è parte integrante del tessuto economico. Tra le cascate più note si segnalano la cascata della Morricana, le cascate dei Fossi del Molinaro, Selva Grande e Ortanza, oltre alla cascata delle Barche sul versante amatriciano. Un dettaglio che molti sottovalutano: i corsi d’acqua non sono solo attrazione naturalistica, ma risorsa per l’irrigazione e la biodiversità delle colture montane.

Itinerari e attività per tutte le stagioni

Il parco è raggiungibile agevolmente da più direzioni: autostrade come l’A14, l’A24 e l’A25 permettono accessi differenziati, e le linee ferroviarie e di autobus collegano capoluoghi e piccoli centri. Questa accessibilità trasforma il territorio in un’offerta integrata: si può partire da una cittadina di pianura e, in poche ore, essere in quota. Per gli escursionisti ci sono tracciati di lungo raggio come il Sentiero Italia, oltre a percorsi locali che attraversano borghi, eremi e mulini.

Per chi cerca percorsi alternativi, l’Ippovia del Gran Sasso propone oltre 320 km di tracciato pensati per cavalli e accompagnatori, con punti di sosta e ristoro per animali e persone. La mountain-bike è una scelta diffusa: circuiti collegano Campotosto, Assergi, Santo Stefano di Sessanio, Castelvecchio Calvisio e altri borghi. D’inverno la vocazione sportiva non si spegne: le stazioni come Campo Imperatore, Prati di Tivo e Prato Selva offrono piste per diversi livelli, con impianti e accessi stradali adeguati. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è la trasformazione del paesaggio alpino in un ambiente adatto anche a chi cerca attività più tranquille, come le ciaspolate e le visite ai musei locali.

In termini pratici, la scelta dell’itinerario va calibrata su condizioni meteo e preparazione: molti rifugi e punti informativi forniscono aggiornamenti sui sentieri e sui servizi, elemento utile per chi arriva da aree urbane e non è abituato alle variabilità montane.

Biodiversità, borghi e prodotti locali

La fauna del parco riflette la complessità del territorio: dal camoscio, simbolo degli ambienti d’alta quota, al cervo e al capriolo nelle faggete, fino al lupo appenninico nelle zone più impervie. Non mancano predatori e specie meno appariscenti come la martora, il gatto selvatico, il tasso, la faina e la puzzola; tra gli uccelli si segnalano l’aquila reale, il falco pellegrino e il gufo reale. Per chi osserva dalla pianura, un aspetto che sfugge spesso è la presenza di questi animali anche in aree a bassa densità umana, dove la gestione del territorio influisce direttamente sui corridoi ecologici.

La componente vegetale è altrettanto ricca: sono oltre duemila le specie arboree e erbacee censite, una cifra che colloca l’area tra le più importanti per biodiversità in Europa. Questa varietà botanica si riflette nei prodotti locali: formaggi di alta montagna, salumi, miele e conserve che raccontano tradizioni e pratiche agricole adattate alla quota. I borghi medievali che punteggiano i 44 comuni non sono solo cartoline, ma sedi di mercati, punti di informazione e botteghe dove si possono acquistare prodotti di filiera corta.

Un ultimo elemento pratico: molte amministrazioni comunali hanno attivato servizi per i visitatori, dalle guide naturalistiche ai punti di noleggio attrezzature, rendendo possibile organizzare esperienze senza grandi preparativi. La presenza di queste reti locali è un fattore concreto che rende il parco accessibile a chi vuole un’esperienza attiva ma organizzata, con un impatto diretto sull’economia delle comunità montane.