La nutrizionista Patricia Segadães chiarisce un nodo cruciale: contano le calorie, ma anche l’insulina.
La questione divide da anni chi si mette a dieta, chi fa sport, chi segue i trend alimentari e chi semplicemente cerca di capire come restare in forma: ingrassiamo di più con gli zuccheri o con i grassi? Una domanda all’apparenza semplice, che nasconde in realtà meccanismi fisiologici complessi e una buona dose di confusione.
La dottoressa Patricia Segadães, nutrizionista presso l’Advanced Implantology Clinic di Lisbona, ha cercato di fare chiarezza sul tema più dibattuto di sempre in ambito alimentare. Sottolineando dati, ormoni e abitudini sbagliate, ha spiegato perché non basta contare le calorie per capire cosa ci fa ingrassare. E perché molte convinzioni diffuse potrebbero portarci nella direzione opposta a quella sperata.
Il ruolo delle calorie e dell’insulina nella gestione del peso
Partiamo dai numeri, che sono solo il primo strato di questa storia: 1 grammo di grasso fornisce 9 chilocalorie, mentre 1 grammo di zucchero ne offre 4. Una differenza netta, che spinge molte persone a temere i grassi più degli zuccheri. Ma come sottolinea la dottoressa Segadães, il dato calorico è solo un punto di partenza, non la chiave per comprendere l’aumento di peso. Il metabolismo umano non si limita ad accumulare ciò che arriva: deve elaborare, digerire e gestireogni tipo di macronutriente. E nel farlo, il corpo consuma energia.

Nel caso dei grassi, la digestione è più lenta, più laboriosa. Richiede più passaggi. Questo, spiega l’esperta, comporta un dispendio energetico maggiore, che può essere anche utile in ottica di controllo del peso. Al contrario, gli zuccheri semplici vengono assorbiti velocemente, provocando un picco glicemico immediato. È qui che entra in gioco l’insulina, l’ormone che permette al glucosio di entrare nelle cellule, dove può essere usato come energia o, se in eccesso, trasformato in grasso.
“Alti livelli di insulina favoriscono l’aumento di peso” precisa Segadães. Il problema non sono solo i dolci: molti alimenti comuni, dal pane bianco alla pasta raffinata, si comportano come zuccheri nel corpo, innescando la stessa risposta insulinica. Da qui l’idea che gli zuccheri “nascosti” siano tra i principali responsabili di un aumento ponderale non sempre immediatamente visibile. Non è una questione di demonizzare: è una questione di consapevolezza. Capire cosa succede nel corpo dopo ogni pasto è il primo passo per prendere decisioni più lucide, senza rincorrere mode o prodotti “light” che spesso confondono più che aiutare.
Fame, sazietà e dipendenza: la differenza sensoriale tra grassi e zuccheri
C’è un aspetto meno misurabile ma non meno importante: come ci fanno sentire i grassi e gli zuccheri? Anche qui la nutrizionista portoghese fornisce una chiave interpretativa utile: i grassi saziano di più. Richiedono tempo per essere assimilati, rallentano lo svuotamento gastrico, mandano segnali più duraturi al cervello. In poche parole: dopo un pasto ricco di grassi buoni, si ha meno voglia di sgranocchiare di nuovo nel giro di un’ora. Con gli zuccheri, accade spesso il contrario.
L’effetto degli zuccheri sul cervello è più simile a quello di una sostanza stimolante. La gratificazione arriva subito, ma dura poco. Poi si abbassa di nuovo la glicemia, e torna la voglia di mangiare qualcosa di simile. È un ciclo che può diventare abitudine, persino dipendenza leggera, in alcuni casi. Ecco perché la Segadães consiglia di ridurre i cibi che provocano questi picchi: non solo zuccheri aggiunti, ma anche quelli che si trasformano rapidamente, come cereali raffinati, crackers, snack da scaffale.
Un’altra raccomandazione riguarda le fonti di grassi. Non tutti sono uguali. L’esperta indica con chiarezza quali sono i grassi buoni da preferire: olio extravergine d’oliva, avocado, noci, pesce azzurro, semi oleosi. Questi alimenti, pur essendo calorici, portano benefici metabolici, contribuiscono alla sazietà e non stimolano la produzione massiccia di insulina. Sono, in sintesi, “calorie che lavorano a tuo favore”, purché inserite con buon senso in una dieta equilibrata.
Il problema non è mai il singolo nutriente, ma l’insieme delle abitudini alimentari. Il rischio nasce dalla combinazione di zuccheri semplici, grassi industriali e assenza di movimento. A lungo andare, questi fattori creano un ambiente favorevole all’accumulo di peso, spesso in modo silenzioso e difficile da invertire. Imparare a leggere le etichette, riconoscere i nomi dietro cui si nasconde lo zucchero, evitare cibi ultraprocessati e preferire alimenti freschi, sono gesti semplici che possono fare una grande differenza.