Nuova ondata di neo-rurali: perché sempre più famiglie scelgono i boschi e abbandonano la città

Un paesaggio di boschi, capanne di legno e percorsi non segnati: in molti angoli dell’Italia si stanno formando realtà abitative lontane dai servizi urbani. Non si tratta solo di una scelta estetica, ma di una pratica di vita che mette in discussione il rapporto tra famiglia, educazione e tutela dei minori. Il caso della coppia che viveva in Abruzzo ha acceso un dibattito pubblico sul confine fra libertà di stile di vita e obblighi legali nei confronti dei figli, e ha portato alla luce tensioni già presenti in molte aree interne. Qui la decisione giudiziaria ha trasformato una scelta privata in una questione di interesse collettivo, aprendo domande concrete su assistenza sanitaria, istruzione e sicurezza abitativa.

Il caso che ha acceso i riflettori

Una coppia straniera con tre figli, che aveva scelto di vivere in una casa senza allacciamenti al sistema tradizionale, è finita al centro di un procedimento del Tribunale dei minorenni dell’Aquila. Secondo i servizi locali, i minori sono stati tolti alla custodia dei genitori dopo il riscontro di un episodio di intossicazione e di successive verifiche che hanno evidenziato carenze come l’assenza di servizi igienici interni, la mancata sottoposizione a visite mediche obbligatorie e la mancanza di un reddito fisso. I giudici hanno disposto il collocamento dei bambini in una casa famiglia, mentre la madre può incontrarli per tempi limitati. I genitori hanno dichiarato che la loro scelta è motivata da principi ambientalisti e da una filosofia educativa alternativa, il cosiddetto unschooling, rifiutando la scuola tradizionale e l’uso dell’elettricità convenzionale.

Nuova ondata di neo-rurali: perché sempre più famiglie scelgono i boschi e abbandonano la città
Interno rustico con pareti in mattoni, soffitto in legno e arredi tradizionali, suggerendo un ritorno a uno stile di vita rurale. – conformaonline.it

Il provvedimento ha suscitato reazioni contrastanti: chi invoca rispetto per scelte di vita alternative, chi ritiene necessario tutelare il diritto alla salute e all’istruzione dei minori. Un dettaglio che molti sottovalutano è la discrepanza fra idealismo e pratiche quotidiane: vivere off-grid richiede competenze tecniche e una rete di supporto spesso assente. Le autorità hanno segnalato l’isolamento sociale dei bambini come elemento di rischio, non solo l’assenza di comfort. La famiglia ha proposto interventi di adeguamento della dimora per rispettare standard minimi; resta da vedere se queste modifiche saranno ritenute sufficienti a ricostruire la fiducia dei servizi.

Vita pratica, opportunità e rischi della comunità neo-rurale

Il fenomeno dei neo-rurali non è limitato a un singolo caso: in diverse province interne si registrano progetti di riconversione agricola, insediamenti autosufficienti e iniziative di permacultura. In Abruzzo meridionale, per esempio, gruppi di famiglie hanno scelto la autosufficienza energetica e alimentare come modello di sostenibilità, puntando su tecniche di agricoltura biologica e su abilità manuali come la costruzione con terra cruda o la gestione delle risorse idriche. Chi decide di trasferirsi in queste aree lo fa spesso per ragioni precise: ritrovare un contatto diretto con il territorio, ridurre i consumi e costruire economie locali.

Tuttavia, la convivenza con la modernità presenta criticità pratiche. L’assenza di servizi di base e di una rete sanitaria capillare può diventare un problema in caso di emergenze; la mancanza di un percorso scolastico riconosciuto può incidere sulle opportunità future dei minori. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è la molteplicità di competenze richieste: dall’apicoltura alla conservazione degli alimenti, dalla manutenzione degli impianti alla gestione burocratica delle proprietà. Molte comunità cercano di compensare queste lacune con scambi di conoscenze e con progetti collettivi, ma la sostenibilità a lungo termine dipende anche dalla capacità di integrarsi con i servizi pubblici.

Per ora, il dibattito resta aperto: da un lato c’è la volontà di sperimentare modelli di vita meno dipendenti dal consumo; dall’altro c’è la necessità di garantire standard di tutela per i più vulnerabili. La vicenda in Abruzzo ha messo in evidenza che la scelta di abitare i boschi comporta conseguenze pratiche e legali, e che le amministrazioni locali dovranno sempre più confrontarsi con un fenomeno che sta trasformando le aree interne italiane.

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