Una tavola imbandita, l’abete illuminato e le calze appese al camino: scene familiari che tornano ogni anno il 25 dicembre. In molti salotti italiani la conversazione scorre tra piatti tradizionali e l’apertura dei regali, ma la data che segna il Natale ha una storia meno ovvia di quanto sembri. Chi osserva la festa si chiede perché proprio quel giorno sia stato scelto per celebrare la nascita di Cristo, mentre fonti antiche e moderne offrono spiegazioni diverse e, spesso, sovrapposte.
Perché il 25 dicembre
La scelta del 25 dicembre come giorno del Natale non nasce da una testimonianza diretta nei testi cristiani: i Vangeli non fissano una data per la nascita di Gesù, e gli storici discutono da secoli su quando sia effettivamente avvenuta. Alcuni studiosi collocano la nascita intorno al IV–I secolo a.C. in formule di calcolo che restano però incerte; altre ipotesi segnalano giorni molto diversi come il 18 novembre, il 28 marzo o il 20 maggio. Un dettaglio che molti sottovalutano è proprio questa assenza di certezza documentaria.

La ragione comunemente accettata per la scelta del 25 dicembre riguarda la sovrapposizione con feste pagane già consolidate nell’Impero romano. In dicembre si celebravano i Saturnali, una serie di riti e banchetti, e, dalla tarda antichità, la festa del Sole Invitto, istituita in forma ufficiale dall’imperatore Aureliano nel III secolo. Secondo diversi storici, i leader cristiani optarono per questa data anche per cristianizzare pratiche molto radicate: associare la memoria della nascita di Cristo al ciclo solare riduceva la tensione tra culti civili e celebrazioni emergenti.
È importante ricordare che questa spiegazione è il frutto di interpretazioni storiche e liturgiche che si sono stratificate nel corso dei secoli. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è la persistenza di elementi simbolici legati al sole e alla luce, presenti nelle cerimonie natalizie come risposta culturale al solstizio.
Tradizioni che vengono da lontano
Molte usanze che oggi associamo al Natale hanno origini diverse dalla tradizione cristiana. L’uso dell’albero decorato, ad esempio, affonda le radici nelle pratiche del Nord Europa: le popolazioni germaniche celebravano lo Yule o il Jul con alberi, rami sempreverdi e fuochi per segnare il ritorno della luce dopo il solstizio d’inverno. Queste pratiche si diffusero gradualmente e si fusero con simboli cristiani, creando l’iconografia che conosciamo.
Un altro elemento importante è il presepe, associato nella storia religiosa occidentale all’iniziativa di san Francesco d’Assisi, che nel XIII secolo allestì una rappresentazione vivente della Natività a Greccio. L’allestimento del presepe divenne presto uno strumento di catechesi e memoria popolare: raffigura momenti legati alla nascita e richiama la dimensione locale della festa. Un dettaglio che molti sottovalutano è che il presepe, come l’albero, è spesso una sintesi di pratiche liturgiche e folklore locale, non un’invenzione univoca.
Questa commistione è evidente anche nelle modalità di celebrazione: falò, luci, canti e incontri comunitari sono elementi comuni nell’Europa settentrionale così come nelle regioni mediterranee, sebbene con forme differenti. Chi vive in città lo nota ogni stagione: le luci e le decorazioni urbane riflettono tradizioni antiche rilette in chiave contemporanea, mantenendo però un legame con riti agrari e cicli naturali acquisiti nel corso dei secoli.
Da San Nicola a Babbo Natale
La figura di Babbo Natale, così come è popolarmente conosciuta, è il risultato di molte trasformazioni culturali. Al centro c’è la figura storica del San Nicola di Myra, un vescovo del IV secolo ricordato per la generosità verso i bambini e i poveri. Le sue reliquie furono traslate in Occidente: in particolare, una parte significativa dei resti fu portata a Bari nel 1087, evento che contribuì a diffondere la devozione nella penisola.
La festa di San Nicola si celebra il 6 dicembre, data che in molte comunità segnava un momento per scambi di doni e pratiche caritatevoli. Nel corso dei secoli la figura si trasformò: elementi folklorici olandesi come Sinterklaas, influenze anglo-americane e rappresentazioni commerciali crearono l’immagine dell’uomo barbuto in abito rosso che conosciamo come Babbo Natale. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è la rilettura di queste forme in chiave moderna, con cartoline, mercatini e figure pubbliche che consolidano l’iconografia.
Il risultato è una festa composta da livelli diversi: rito liturgico, memoria storica e pratiche popolari. In molte famiglie italiane le tradizioni convivono — c’è chi dà più peso al rito religioso, chi al legame comunitario, chi alle consuetudini familiari — ma il punto comune rimane la combinazione di passato e presente. Un dettaglio realistico che chi visita le piazze può osservare è la persistenza di mercati e rappresentazioni che richiamano queste origini stratificate, segno di una festa che continua a evolvere mantenendo tracce visibili della sua storia.